Donne, al lavoro! Storie di “tormentato” successo tra pregiudizi e hate speech

Se da un lato siamo ispirati da storie di successo al femminile, non possiamo non parlare di differenze di genere e discriminazioni quando si parla di lavoro, soprattutto in giornate come l’8 marzo. Purtroppo non riusciamo a scrollarci di dosso modi di dire e di fare che rimarcano le differenze di genere tra lavoratrici donne e lavoratori uomini.

 

Sono le parole, i comportamenti e le vere e proprie discriminazioni che contribuiscono ad aumentare un divario ancora molto presente nella vita di tutti i giorni.

 

Dire di essere una donna “con gli attributi”
Per definire una donna con un carattere deciso, determinata e che riesce ad avere un grande successo, spesso si usano espressioni e aggettivi che la rendono più simile ad un uomo.

Le mamme in carriera

Chiara Ferragni, simbolo e idolo dell’imprenditoria digitale nel mondo della moda, viene spesso criticata per il suo stile di vita e i suoi scatti social. Essendo “madre”, secondo l’opinione degli haters, dovrebbe coprirsi di più e non viaggiare troppo. La partecipazione come special guest ad eventi di fama internazionale è vista come una mancanza nei confronti dei suoi doveri di mamma. Non si risparmiano commenti come “mamma degenere”, “da vergognarsi”, “senza amore per i suoi figli”; ad un uomo in carriera non è riservato lo stesso trattamento. Ironicamente suo marito Fedez, che passa più tempo a casa con i figli, viene acclamato come “mammo” esemplare.

Dress code e commenti inappropriati
Giovanna Botteri, corrispondente-responsabile dell’ufficio di Parigi per i servizi giornalistici radiofonici e televisivi dalla Francia ed inviata speciale durante i più grandi conflitti mondiali, è stata vittima di bodyshaming per il suo modo di vestire e la sua capigliatura. La sua risposta è magistrale e fa riflettere come il terreno su cui poggiano questi commenti sia fondato da “modelli stupidi, anacronistici, che non hanno più ragione di esistere. Non vorrei che un intervento sulla mia vicenda finisse per dare credibilità e serietà ad attacchi stupidi e inconsistenti che non la meritano. Invece sarei felice se fosse una scusa per discutere e far discutere su cose importanti per noi, e soprattutto per le generazioni future di donne”.

Da “eroina” a “stai zitta”
Come è facile passare dall’essere considerate eroine a bersaglio di violenze verbali e sessiste? È il caso di Martina Benedetti, giovane infermiera simbolo della lotta al Covid, colpevole di aver espresso la sua opinione contro la multa a chi evade l’obbligo di vaccino per gli ultracinquantenni. Trattamento simile è stato riservato a Bebe Vio, campionessa paralimpica, oggetto di insulti e minacce sessuali indicibili (non solo attraverso commenti ma da parte di pagine social create appositamente per scambiarsi commenti disgustosi di questo tipo).

 

Nonostante l’autoironia, la cultura, l’intelligenza e l’eleganza di chi è bersaglio di queste parole, è necessario che avvenga un cambiamento radicale nel modo in cui trattiamo e vediamo le donne a lavoro: che siano infermiere, sportive, imprenditrici, influencer, sex worker, ministre o casalinghe, lo switch deve partire da noi, dalle piccole cose. Dal linguaggio, al trattamento economico, per passare al modo di definire certe professioni come “naturalmente da donna”.